Global warming or heads warming? Scienza o ideologia?

Global warming o heads worming? Un caro amico fa notare su fb quanto sia deleterio utilizzare un tema scientifico per affermare opinioni o, peggio, ideologie. Nel concordare pienamente con lui, mi sento di osservare che il dibattito non si fa rovente solo in termini politici. Fatte salve conquiste inoppugnabili come l’immunizzazione attiva (vaccini) sulle quali è inutile e dannoso aizzare discussioni, la scienza ci ha abituato a controversie epocali. Si tratta di conflitti a base di studi scientifici di altissimo livello che comunque spesso contrastano. I protagonisti di queste diatribe non sono certo social haters, estremisti di varia risma, nostalgici di ideologie morte e sepolte, ma scienziati di fama mondiale. Il global warming, e il relativo contributo dell’uomo è uno di quei temi. Gli esperti si confrontano non sulla base dei dati, che condividono, ma sull’interpretazione di questi ultimi e soprattutto sui fattori di influenza delle variabili in gioco: naturali o antropogeniche (create dall’uomo). I consessi scientifici si riuniscono e creano ulteriori consessi a valenza anche, sociale e politica. L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)  è l’organismo delle Nazioni Unite per la valutazione delle scienze legate ai cambiamenti climatici. Di seguito è riportata la funzione di questo importante organismo mondiale:

L’IPCC fornisce valutazioni periodiche sulle basi scientifiche del cambiamento climatico, dei suoi impatti e dei rischi futuri e opzioni per l’adattamento e la mitigazione.

Creato nel 1988 dall’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) e dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), l’obiettivo dell’IPCC è fornire ai governi a tutti i livelli le informazioni scientifiche che possono utilizzare per sviluppare le politiche climatiche.  Le relazioni dell’IPCC sono anche un input chiave nei negoziati internazionali sui cambiamenti climatici.

L’IPCC è un’organizzazione di governi membri delle Nazioni Unite o dell’OMM.  L’IPCC ha attualmente 195 membri.  Migliaia di persone da tutto il mondo contribuiscono al lavoro dell’IPCC.  Per le relazioni di valutazione, gli scienziati dell’IPCC offrono volontariamente il loro tempo per valutare le migliaia di pubblicazioni scientifiche pubblicate ogni anno per fornire un riepilogo completo di ciò che è noto sui fattori che determinano i cambiamenti climatici, i loro impatti e rischi futuri e su come l’adattamento e la mitigazione possono ridurli.  rischi.

Una revisione aperta e trasparente da parte di esperti e governi di tutto il mondo è una parte essenziale del processo IPCC, per garantire una valutazione obiettiva e completa e per riflettere una gamma diversificata di punti di vista e competenze.  Attraverso le sue valutazioni, l’IPCC identifica la forza dell’accordo scientifico in diverse aree e indica dove sono necessarie ulteriori ricerche.  L’IPCC non conduce la propria ricerca. https://www.ipcc.ch/about/

Questo è l’organo mondiale più accreditato in tema di clima. Lo è, non solo sul piano scientifico, ma anche su quello geopolitico, sociale e demografico. Per cui, non producendo studi, li interpreta e li traduce in proposte di azioni politiche.

Tuttavia, l’esistenza di questa mega organizzazione non vuol dire che i problemi climatici siano stati chiariti definitivamente come in una sentenza passata in giudicato. La comunità scientifica, nonostante parta da dati osservazionali inconfutabili, è ancora in conflitto sull’interpretazione dei singoli modelli predittivi, utilizzati in centinaia di studi scientifici in tema di clima globale. Uno di questi  è che la Terra si è riscaldata di circa 0,9 °C dal periodo preindustriale, a partire cioè dal 1850. Su questo nessuno scienziato ha dubbi. Alcuni modelli, noti come “General Circulation Models”, adottati dall’IPCC, attribuiscono il riscaldamento quasi esclusivamente all’emissione dei gas serra atmosferici. Su tali modelli è stata formulata la teoria, cosiddetta, del “riscaldamento globale antropico”, Anthropogenic Global Warming Teory (AGWT), la quale imputa a emissioni in eccesso di CO2, dovute all’uso crescente di combustibili fossili, la responsabilità del riscaldamento. Alcuni scienziati si domandano se è veramente corretta questa attribuzione. Il problema fisico di questo contributo antropico (causato dall’uomo) è, secondo questi ultimi, ancora da determinare nella sua effettiva e reale consistenza. Essi sostengono che la relazione tra l’attività del Sole e la variabilità climatica sia stata, pur se presa in considerazione dall’IPCC, sottovalutata e inoltre, pur sostenendo che un aumento dei gas serra in atmosfera induca un riscaldamento, non ritengono che tale associazione sia semplice e automatica, perché, dicono questi ultimi, la sensibilità climatica a un aumento di CO2 ha margini di grande incertezza.

La mia opinione, ovviamente non scientifica, ma sul dibattito tra scienza e politica, concorda con il mio amico di cui sopra. Di questi temi è possibile, per i non addetti ai lavori, dibattere fino a un livello di comprensione utile a non sparare corbellerie, almeno dopo essersi informati. Il fatto che un’intervista a Carlo Rubbia, nella quale esprimeva opinioni su temi climatici ed energetici, sia stata pubblicata da un giornalista non certo incline al movimentismo Gretiano, ha suscitato la perplessità se non l’indignazione in alcuni, più propensi a osservare il dito che indica il cielo piuttosto che il resto. Tra di essi un altro mio vecchio amico, professore universitario, quindi conoscitore del metodo scientifico, che invece di commentare il pensiero espresso da Rubbia si è scagliato su fb contro il giornalista, reo di aver titolato il suo post: “La bufala dei cambiamenti climatici spiegata dal Nobel Carlo Rubbia”, definendolo un “non giornalista” pur avendo solo pubblicato l’intervento del premio Nobel e invitandomi a cambiare fonte in quanto “ridicola” a causa di quel titolo. Certo quel titolo tranchant non aiuta la comprensione di un’opinione soprattutto se scientifica, ma oltre quello magari c’era anche dell’altro da leggere, pratica quest’ultima che dovrebbe essere un’abitudine per un accademico e invece si è ridotta in un rapido giudizio politico/estetico di un titolo discutibile. Un giudizio, il suo, peraltro dello stesso tenore del titolo da lui contestato. Visto l’elevato background culturale del mio illuminato conoscente universitario sono convinto che sia stato il surriscaldamento del clima, oltre i 40 gradi in questi ultimi giorni, a indurgli un simile inciampo polemico/ideologico/metodologico.

Buona estate e rinfreschiamoci tutti la testa…

Author: admin

Michele Morandi nasce a Napoli nel 1964. Dal 1990 vive a Torino dove svolge la professione di Medico Igienista. Il suo indissolubile legame con Napoli, così come la cultura degli anni ’70, hanno fortemente influenzato la sua azione creativa. La trasposizione di immagini e vissuti del passato sono sempre diretti a un’interpretazione della realtà corrente. Nel 2013 pubblica per la Hever editrice L’uomo che non esiste. Il volume è stato presentato a Napoli presso la Saletta Rossa della Libreria Guida e a Torino al Salone Internazionale del Libro di quell’anno. Nel 2015 pubblica sempre per la Hever editrice Il teorema della memoria, presentato a Torino in anteprima presso il Salone Internazionale del Libro e a Napoli presso il Palazzo delle Arti. Nel 2019 pubblica per L’Erudita del Gruppo Giulio Perrone Editore Segui la marea. E’ autore del blog Il buco nelle nuvole, una pagina che oltrepassa la cortina nebbiosa del politically correct e del pensiero unico oggi imperante nel giornalismo e nella politica.

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