Intenzionalità delle conseguenze. Appendino e la ritirata strategica

Quando conseguenze non intenzionali derivano da azioni intenzionali si producono veri e propri “effetti collaterali”. Sfidare una mareggiata con un surf, una cima alpina prima di una tempesta di neve senza guida ed esperienza, un deserto, con l’arroganza di attraversarlo senza averne mai visto uno. In filosofia la già citata in altri miei post eterogenesi dei fini, in tedesco “heterogonie der Zwecke” ci giunge in soccorso, ma in politica l’ultimo esempio, in piccola scala, (…per adesso) in ordine di tempo lo fornisce la Sindaca di Torino: http://torino.repubblica.it/cronaca/2018/01/18/news/torino_dopo_le_contestazioni_appendino_cambia_le_regole_delle_assemblee-186750051/

In breve: viene organizzata una riunione con i commercianti del centro di Torino con la prevista presenza della Sindaca. Lei però diserta l’incontro e il vicesindaco assume le sembianze di San Sebastiano, quello trafitto da decine di dardi, immolandosi al martirio dei mercanti inferociti. L’uomo, vice Appendino, al quale dovrebbero dedicare qualche luogo pubblico in città, chessò una fontanina, (per i lettori torinesi turet) una scalinata di un parcheggio o qualcos’altro di rappresentativo, si è sacrificato alla causa dichiarando che la Sindaca non si sarebbe presentata per non farsi strumentalizzare in campagna elettorale! Se così fosse, un candidato alla Camera o al Senato dovrebbe, per il timore di essere strumentalizzato, chiudersi in casa, non incontrare nessuno ed emanare dispacci via social network non discutibili né opinabili (…oops, qualcuno, a parte il grande fratello di Orwell, pare che lo stia già facendo…). Ma forse la questione è ancora più semplice. Il confronto con la realtà è pericoloso; meglio esprimersi dietro un paravento, quello retorico, e comunicare solo con gli stralci di qualche sacro blog. Tuttavia la mia riflessione si è concentrata sugli effetti collaterali degli scopi di protesta perseguiti dai movimenti in generale e oggi dal M5S prima di assumere impegni di governo. In campagna elettorale durante le ultime elezioni amministrative uno dei principali leit motiv dell’allora candidata Appendino è stato la restituzione delle periferie ai residenti mediante la valorizzazione delle aree disagiate. Senza entrare nella velletarietà di simili propositi, con quel modo di porsi, cavalcando solo l’indignazione e la rabbia popolare, lei e i suoi hanno preteso e pretendono di poter controllare i sentimenti tumultuosi della massa critica incazzata, semplicemente dando domicilio alla protesta e null’altro. In altre parole aizzo la tigre a digiuno e poi pretendo di cavalcarla a suon di frustate. Il punto è che l’Amministrazione comunale, come raccontato nel suddetto articolo riferito al link, non è riuscita neanche ad ammansire un gattino deprivato della sua scatoletta di bocconcini. Al primo miagolio elettorale, la reggente della Città non solo se l’è data a gambe, ma ha pure disconosciuto un must del pentastellismo militante: in altre parole amplifico qualunque protesta contro chiunque purché non appartenga al Sacro Movimento. Il vicesindaco martire ha dichiarato che non sarebbero state più ammesse plenarie davanti al popolo fino alle elezioni, nel deprecabile rischio di “strumentalizzazioni politiche”. Il problema però, come accade spesso, è sulle definizioni. Cosa avrà inteso il vicesindaco con “strumentalizzazioni”. Ad esempio, “strumentalizzazione” è il cavalcare le sventure giudiziarie a carico degli avversari politici, e poi indignarsi per analoghi provvedimenti emessi nei confronti del sindaco di Roma e di Torino? Oppure può definirsi “strumentalizzazione” la protesta dei commercianti che a torto o a ragione in un’assemblea pubblica volevano lamentarsi con la Prima cittadina. Ma se un sindaco non ascolta l’elettorato proprio in campagna elettorale quando conta di farlo? Quelle stesse grida di protesta del popolo inferocito durante la scorsa campagna elettorale, quando i grillini non governavano ancora a Torino, non erano per il M5S il sale della vita?

Conseguenze intenzionali o effetti collaterali?

Author: admin

Michele Morandi nasce a Napoli nel 1964. Dal 1990 vive a Torino dove svolge la professione di Medico Igienista. Il suo indissolubile legame con Napoli, così come la cultura degli anni ’70, hanno fortemente influenzato la sua azione creativa. La trasposizione di immagini e vissuti del passato sono sempre diretti a un’interpretazione della realtà corrente. Nel 2013 pubblica per la Hever editrice L’uomo che non esiste. Il volume è stato presentato a Napoli presso la Saletta Rossa della Libreria Guida e a Torino al Salone Internazionale del Libro di quell’anno. Nel 2015 pubblica sempre per la Hever editrice Il teorema della memoria, presentato a Torino in anteprima presso il Salone Internazionale del Libro e a Napoli presso il Palazzo delle Arti. Nel 2019 pubblica per L’Erudita del Gruppo Giulio Perrone Editore Segui la marea. E’ autore del blog Il buco nelle nuvole, una pagina che oltrepassa la cortina nebbiosa del politically correct e del pensiero unico oggi imperante nel giornalismo e nella politica.