Latitanti! Chi difende i compagni che sbagliano

A volte penso di essere approdato a un’età nella quale si è ormai al riparo dalle emozioni. Come una spiaggia sicura che garantisce la certezza stabile di una terra ferma, dopo una vita passata sulla superficie di onde sempre in movimento. Non mi indigno più. Giuro solennemente di non affermarlo per darmi il tono di Rutger Hauer in Blade Runner quando dichiara laconicamente di averne viste, a livello cosmico, di cotte e di crude. Non è questo. Forse è colpa dei ricorsi storici di G.B. Vico. La replica nel tempo di fatti e umane circostanze o, perlomeno, la loro percezione, genera alla mia età una certa inerzia rispetto alla facile indignazione. Emotivamente mi smuove di più la nascita di un atto concreto, magari anche maldestro, che un principio virtuoso mai applicato perché inapplicabile o, peggio, perché terribilmente scomodo.

Mi imbatto in un articolo sul Corriere della sera di Andrea Galli: http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/17_ottobre_11/milano-prof-manager-morti-legge-terroristi-milanesi-latitanti-8d6a1200-adeb-11e7-aeaa-c10a797c4526.shtml

Si tratta di un mini reportage su alcuni latitanti, autori, secondo la giustizia italiana, di omicidi e stragi, protagonisti della stagione del terrorismo rosso. L’articolo in breve affronta la loro storia giudiziaria, la fuga in Paesi con larghe vedute sui “perseguitati politici” e la loro “vita normale” . Professori, imprenditori, scrittori. A parte qualcuno che poi si è dedicato al traffico di stupefacenti o alle rapine, tutti si sarebbero fatti onore in quelle nazioni che li ospitano proteggendoli dalla giustizia italiana. Sono fatti che si ripetono nel tempo e nella storia come nelle teorie del succitato filosofo napoletano. Dai generali napoleonici antirealisti ripiegati in tutta Europa e nel mondo, ai fuggitivi nazisti dopo la seconda guerra mondiale, ai capi milizia serbi dopo l’ultima guerra balcanica. L’unica differenza è che questi erano grandi conflitti storici e coinvolgevano popoli, governi e stati nazionali, mentre il terrorismo in Italia è stato solo un fenomeno contingente, in un intervallo temporale posto tra due epocali ere storiche: pre e post moderna. Come in un evento sismico due enormi placche storico/geologiche si sono scontrate e in mezzo, stritolato dagli eventi, è esploso quel decennio di sangue. Nel caso dei cosiddetti “anni di piombo” non si può parlare di grandi svolte della storia, ma di terribili storie, la cui memoria agli occhi di qualcuno non sembra degna di essere restituita alla luce completa. Si tratta degli stessi personaggi che cavalcano fieramente la crociata contro il nostro passato remoto, quello del “ventennio” di quasi un secolo fa. Essi sono per lo più insensibili davanti allo scempio prodotto dai protagonisti di quegli anni sanguinosi, soprattutto se trattasi di terroristi rossi. Davanti a questi scampati alla giustizia un oblio scende pesante come un macigno e nessuno rilascia interviste, opinioni, sentenze morali sul tema. Spariscono i toni apodittici antifascisti e le comparsate su giornali, televisioni e web, spegnendo il volume come tutti colti improvvisamente dall’effetto di un potente sonnifero. Le migliaia di persone festanti durante le manifestazioni a favore della “PACE” e dell’accoglienza, “Contro ogni razzismo” “Contro la violenza di genere”, quando si parla di morti per terrorismo e assassini liberi di vivere la propria “vita normale”, sembrano tutte affette da improvvisa amnesia collettiva. Tutti latitanti come quelli espatriati! Certo, Paesi come la Francia e il Brasile che ospitano e tutelano persone giudicate definitivamente dai tribunali italiani terroristi e assassini sono stati grandi precursori del tanto agognato concetto di accoglienza di Stato dei “profughi politici”. Tuttavia, qualcuno di quei precetti vuoti non sa proprio che farsene perché ha perso in quegli anni la vita o gli affetti, il lavoro, la salute e la tranquillità. La medesima tranquillità di quei latitanti chiamati con magnanimità “esuli” dai professionisti dell’opinione “politically correct“. Gli “esuli” invece se la godono, crogiolandosi nella propria “normalità” acquisita non so se in barba alla propria coscienza, ma certamente alla faccia della giustizia italiana, bella o brutta che sia e alla faccia di tutti noi che continuiamo a essere soggetti ad essa.

Ed ecco un inatteso sussulto di rigurgito risalire lungo il mio esofago trasformandosi in nausea, non certo per quei criminali che hanno semplicemente fatto il proprio mestiere; scappare e nascondersi. Provo, alla faccia della mia dichiarata anaffettività, ribrezzo per quel fiumiciattolo di ipocrisia che scorre da almeno quarant’anni tra i notabili sinistrorsi di questo Paese. Tempeste di invettive e disegni di legge per trasformare in reato, la vendita di un gadget nostalgico e, al contempo, quattro metri di terra da tumulo sugli orrori commessi dai “compagni che sbagliano”.

Pare che lo zenzero sia un potente espediente naturale contro nausea e vomito; tutto mi sarei aspettato, ma non di dovervi ricorrere a questa età per motivi diversi da un indigestione.

Author: admin

Michele Morandi nasce a Napoli nel 1964. Dal 1990 vive a Torino dove svolge la professione di Medico Igienista. Il suo indissolubile legame con Napoli, così come la cultura degli anni ’70, hanno fortemente influenzato la sua azione creativa. La trasposizione di immagini e vissuti del passato sono sempre diretti a un’interpretazione della realtà corrente. Nel 2013 pubblica per la Hever editrice L’uomo che non esiste. Il volume è stato presentato a Napoli presso la Saletta Rossa della Libreria Guida e a Torino al Salone Internazionale del Libro di quell’anno. Nel 2015 pubblica sempre per la Hever editrice Il teorema della memoria, presentato a Torino in anteprima presso il Salone Internazionale del Libro e a Napoli presso il Palazzo delle Arti. Nel 2019 pubblica per L’Erudita del Gruppo Giulio Perrone Editore Segui la marea. E’ autore del blog Il buco nelle nuvole, una pagina che oltrepassa la cortina nebbiosa del politically correct e del pensiero unico oggi imperante nel giornalismo e nella politica.